martedì 28 aprile 2015

COSI' E' TRAMONTATA LA STAGIONE DEI SINDACI

Alla vigilia delle Elezioni Amministrative del 31 maggio prossimo leggo un articolo di Massimo Cacciari su "l'Espresso" del 9 aprile scorso che sembra scritto pensando alla situazione di Avigliano e non solo.
Anch'io, come Cacciari, credo che la stagione dei sindaci, iniziata più di vent'anni fa sia ormai al tramonto e con essa una certa idea di Politica.

C'è un tempo per ogni cosa!

Massimo Cacciari

di Massimo Cacciari

Tra le tante albe incompiute della misera patria nostra quella delle Autonomie e della riforma federalistica è forse la più dolorosa da rammemorare - ma anche la più istruttiva. Nello sfascio della prima Repubblica e dei suoi partiti, venticinque anni orsono, fu un processo quasi fisiologico, per quanto favorito dalla riforma elettorale, quello che fece emergere una “rete” di personalità indipendenti, fortemente rappresentative a livello locale, che intendevano misurarsi concretamente nell’amministrazione dei propri territori. Non hanno mai formato partiti e neppure movimenti, ma esprimevano tutte, più o meno consapevolmente, l’unica energia, allora forse ancora viva, che ha caratterizzato la storia politica nazionale: quella delle città. E più o meno tutte comprendevano come il loro “servizio” avrebbe potuto produrre qualche risultato soltanto se si fosse combinato a un processo costituente vòlto a una riforma federalistica dello Stato. Anche coloro, come Bassolino, che appartenevano in toto alla “classe politica”, contavano allora in quanto espressione di un progetto di riorganizzazione complessiva della forma-Stato fondata sul valore delle Autonomie, sulla loro capacità di auto-governo.
Il combinato disposto tra Berlusconi, immarcescibile centralismo dei sopravvissuti apparati di partito, potenza della vecchia burocrazia ministeriale, secessionismo leghista, fece naufragare quella stagione ai suoi primi vagiti. Il nostro non è un Paese per gli Spinelli e i Trentin. Così come l’Europa non è un Continente per loro.

Crisi o no, ogni legge finanziaria, chiunque fosse al governo, iniziò a “qualificarsi” per i tagli ai Comuni, mentre, a un tempo, se ne riducevano i poteri di auto-finanziamento. Compimento simbolico di tale nefasta storia fu la sottrazione agli Enti locali della piena autonomia in materia di tassazione sugli immobili. I sindaci non seppero reagire all’andazzo. Tutti o quasi metabolizzarono rapidamente il mutamento di fase, per diventare anzitutto esponenti di questa o quella parte, ulivisti da un lato, berluscones e leghisti dall’altro. E l’Associazione dei Comuni Italiani finì così con l’arricchire la collezione nazionale degli enti inutili.
Il passaggio ha nomi e cognomi, validissimi tutti, ma è evidente che il baricentro ritorna di nuovo nella direzione nazionale del partito, o sedicente tale. Da Castellani a Chiamparino, da Primicerio a Domenici, da Sansa a Pericu e poi alla Vincenzi. Per non dire di quelli che comprendono per tempo l’aria che tira e trasformano l’attività amministrativa in trampolino di lancio alla conquista di leadership “universali”…
Tuttavia, nessuno è innocente, qui come altrove. È mancata la consapevolezza dei pericoli impliciti fin dall’inizio di quella “stagione dei sindaci”. L’irresistibile pulsione demagogico-plebiscitaria della politica italiana successiva nasce anche da lì. Nasce da lì una idea del “primato dell’esecutivo”, in quanto tendenziale eliminazione di ogni contrappeso, che è l’opposto dell’idea federalistica, dove appunto sono i poteri di città e di Regioni, che non siano catafalchi centralistici a loro volta, a dover rappresentare il fondamentale freno alle naturali tendenze “autoritarie” dei poteri centrali.
Non solo promesse mancate, quella stagione, ma anche alcune, ahimè, pienamente realizzate: personalizzazione estrema del confronto politico, programmi amministrativi fagocitati in frasi demagogiche, candidati sindaci che, crollata l’idea di una riforma di sistema, ambiscono soltanto alla scalata del cursus honorum. E che per sperarlo debbono a loro volta iscriversi alla clientela di questo o quel Capo. Pisapia non appartiene per età e cultura alla genia di costoro. Il sindaco di Milano sembra uscito pari pari dagli anni dei Castellani e dei Primicerio. Fuori tempo massimo.




Espresso

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